Scheda di Sae Kaneko

Descrizione Fisica: Alta 1.60, ha una corporatura minuta e agile che ha affinato nel tempo per permetterle di muoversi silenziosamente. Capelli neri come la notte, lunghi fino alla vita e occhi di un verde smeraldo. Appaiono freddi e distaccati, ma nascondono una continua lotta di sentimenti ed emozioni che la ragazza cerca di controllare ogni giorno. E molto snodata, avendo iniziato sin da piccola ad allungare i tendini per potersi permettere acrobazie e sforzi improvvisi. Porta sempre un polsino sul braccio sinistro di colore nero.

Descrizione Psicologica: Ha sempre vissuto da sola. Per sopravvivere nella vita che era stata costretta ad affrontare non potevi fidarti di nessuno se non di te stesso. Perché ognuno pensava al proprio tornaconto e a sopravvivere a sua volta. Quindi non poteva fare affidamento su nessuno. Il suo carattere è diventato freddo, calcolatore e indifferente a ciò che la circonda. Sentimenti come la pietà e la fiducia sono stati spinti sempre più in profondità dentro di lei. Li sente. In alcune occasioni li percepisce, si accorge che tentano di emergere dal limbo in cui sono stati rinchiusi. Ma devono essere bloccati, non possono far parte di quel mondo. Appare cinica, ma nasconde quel piacere di immaginare, che, pur non volendolo ammettere, è una forza che l’aiuta a resistere, a sperare in qualcosa di diverso, di meglio. Ha sviluppato un grande autocontrollo, che le permette di mantenere la calma in molte situazioni. Tende a tenere dentro di sé quello che pensa e nei rari casi in cui perde la pazienza, non esplode mai. Mostra semplicemente la più totale indifferenza. Adora la pioggia, pare poter lavare via ogni cosa, lasciando un vuoto dentro che permette di dimenticare tutto, seppur per un attimo.

Il caso è ingiusto. Ti fa nascere in un posto che tu non puoi neanche scegliere e poi ti lascia lì, senza preoccuparsi di come vivrai, o se vivrai.
Sae era nata in una periferia malfamata, dove non sapevi neanche se saresti riuscito ad arrivare a fine giornata. La madre morì quando la bambina aveva sei anni per una malattia. Lei restò con suo padre, il quale non riuscì mai a superare la scomparsa della moglie. Sparì dalla circolazione dopo pochi anni. Nessuno lo rivide più. Sae aveva dieci anni e da allora fu sola. Dei vicini le diedero un tetto per pietà, ma lei sapeva di essere un peso. E lo capiva. La vita era già abbastanza difficile per se stessi, perché pensare anche a qualcun altro? Fu all’ora che iniziò a rubare. Iniziò con piccoli furti in negozi per cercare di cavarsela da sola. Mangiava quello che rubava e vendeva il resto. A diciassette anni era già entrata nel giro e aveva persino una scheda nei registri della polizia. Aveva imparato già da tempo che non poteva fare affidamento su nessuno, perché chiunque avrebbe potuto tradirti per rubarti il bottino o consegnarti alla polizia per guadagnarci qualcosa. Il suo corpo si era allenato nel tempo. Era agile e sempre all’erta. Pronto a scattare per scappare e diventare invisibile per riuscire a salvarsi la vita. Già da piccola adorava le acrobazie. Un giorno, mentre si era intrufolata in un’abitazione, aveva visto un televisore acceso che trasmetteva una gara di ginnastica artistica. Come il corpo poteva muoversi in modo tanto armonioso ed elegante la incantava.
Il carattere era stato colpito maggiormente. Era diventata fredda, indifferente a ciò che la circondava. Faceva solo quello che le avrebbe permesso di andare avanti. Così era come appariva alla gente. Ma dentro di sé, sentimenti come fiducia, pietà, compassione e amore cercavano sempre di uscire dal limbo nel quale li aveva rinchiusi. Ma non poteva permetterselo e li ricacciava indietro. Era una lotta continua. C’era solo una cosa che si era imposta di non fare: uccidere, a meno che non fosse strettamente necessario. Era una ladra, non un’assassina.
Aveva cambiato zona ed obiettivi. I quartieri più ricchi, di coloro che avevano troppo e non si accontentava mai. Coloro non avrebbero sentito la mancanza di qualche oggetto di valore. Tutto sommato, quel lavoro la divertiva. Le piaceva che la gente a cui rubava e quella da cui ancora non era arrivata, la temesse.
Aveva sfiorato la morte molte volte. Quella vita era pericolosa. Aveva pestato i piedi a molta gente. E alla fine la morte avrebbe avuto la sua vendetta. Un giorno, non seppe bene come, la polizia riuscì a farla cadere in trappola e l’arrestò per la prima volta in vita sua. L’aspettava la prigione per molti anni. In quel momento si chiese se ne era valsa la pena, di vivere da ladra per finire dietro le sbarre per anni. Ma alla fine, che altre alternative aveva avuto? Finire per strada, morire.. No quella era stata l’unica scelta che l’aveva tenuta in vita, la più dignitosa che le era stata concessa.
Con sua grande sorpresa le fecero una proposta. Evitare la galera se gli avesse aiutati ad arrestare una pericolosa banda di criminali che terrorizzava da anni la città con furti e assassinii. Si sarebbe dovuta infiltrare. Le dissero che non sarebbe stato troppo pericoloso; che avrebbe avuto le spalle coperte da loro e che al minimo accenno di pericolo sarebbero intervenuti. Accettò. Forse, alla fine, se fosse potuta tornare indietro avrebbe rifatto la stessa scelta. Perché in fondo una non era migliore dell’altra.
Qualcosa andò storto. Venne rinchiusa e incatenata in una fogna puzzolente. La banda aveva proposto un ultimatum alla polizia: lei salva e in cambio la polizia non avrebbe mai più interferito con il loro operato. Ovviamente la seconda non accettò. Le ricordarono così che era sola. Se lo aspettava. Quando aveva scelto, già sapeva che non poteva credere alle loro parole. Eppure questo non l’aveva condizionata. Aveva paura, ma alla fine sapeva che non ci sarebbe potuta essere una fine diversa per lei. Se non fosse stato quel giorno, allora sarebbe stato un altro, ma prima o poi sarebbe successo, nello stesso modo.

"Nelle situazioni in cui ti fermi a guardare la paura in faccia acquisti forza coraggio e fiducia."

Forse era stato il caso a farla arrivare fin lì. Sempre quel maledetto caso che si divertiva con la vita di tutti.

Arrivò nel Rukongai. Precisamente nel 70-esimo.
Non ricordava nulla, se non il proprio nome. E in tutta sincerità, non sentiva nemmeno il desiderio di ricordare.
Si adeguò a quella vita con una tale semplicità che quasi si spaventò.
"Svegliati, ruba quel tanto che ti basta per non morire di fame per quel giorno, trova un lugo riparato e nascosto per riposare e il giorno dopo ricomincia. Oh e non farti prendere da quelli che derubi o la morte sarà la cosa migliore che ti potrebbe capitare."
Queste erano le semplici regole di quel posto.
Non sempre lo stomaco poteva avere qualcosa purtroppo, e i crampi la notte impedivano di addormentarsi.
Alcune sere il freddo entrava prepotentemente dagli strappi degli abiti fin dentro le ossa.
Tuttavia riusciva a sopravvivere meglio di molti altri e questo le bastava.

Dopo alcuni anni imparò a conoscere tutti i dettagli di quello strano mondo. Ogni giorno si fermava ad osservare il Seireitei che pareva irraggiungibile. Eppure, per tentare, sarebbe bastato un attimo, il coraggio di prendere una decisione. Iniziava ad essere stanca di quella routine quotidiana. La sua vita sarebbe potuta migliorare se fosse riuscita a superare quelle mura. Non le importava nulla del proteggere gli altri o cavolate varie. Ognuno doveva riuscire a sopravvivere da solo. Lo avrebbe fatto per sé stessa. Una motivazione egoistica forse, ma d'altronde quale essere umano non agiva per egoismo?
Il timore l'aveva sempre bloccata, quella era l’unica vita che conosceva dopotutto. La paura di non sapere ciò che l’attendeva era grande.
Ma alla fine riuscì a sconfiggerla. La trasformò in prudenza per quello che le avrebbe riservato quella decisione e decise: cambiare la vita che le era stata assegnata.


Post Mortem

Dal suo ingresso al Seireitei sono cambiate molte cose.
"Non hai più bisogno di sopravvivere"
Da quando Satoshi le disse quella semplice frase, lei stessa ha iniziato a cambiare lentamente.
Non era più necessario pensare solo e unicamente a sopravvivere. Ora poteva vivere.
L'amicizia con Sayumi durante gli anni dell'Accademia le ha permesso di avere qualcuno accanto a lei. La tenacia con cui quella ragazza si è inserita nella sua vita l'ha lasciata senza parole.
Lo scontro con Akimi e poi l'ingresso nella VII Divisione.
Tutto era sembrato avvenire così rapidamente da quel giorno che ripensandoci ora le pareva così lontano.
Eppure erano passati solo un paio di anni. Due anni nei quali aveva sperimentato più volte cosa si provava a trovarsi faccia a faccia con la morte.
La maschera bianca come il latte e gli occhi gialli degli Unknown tornavano a farle visita alcune notti.
E lei non poteva farci niente. Semplicemente si svegliava di colpo, sudata. Si alzava, beveva un bicchiere d'acqua e poi tornava a letto. Restava in attesa, seduta con le gambe al petto e aspettava che la sua mente si calmasse. Poi chiudeva nuovamente gli occhi e si riaddormentava.
Non si poteva sfuggire agli incubi e tantomeno ai ricordi.
A volte, di notte vedeva anche lo sguardo di Yurika sprofondato nell’oblio. Il suo corpo distrutto.
Alcune notti rivedeva quella scena come se fosse avvenuta il giorno prima. Ogni minimo dettaglio, ogni minima sensazione provata.
Da quella missione si era abituata alla presenza di quella piccola Shinigami nella sua vita, e la sua compagnia non le dispiaceva.
Ad ogni modo, aveva potuto contare in quella bambina più volte ormai.
Forse, senza che se ne rendesse conto, stava imparando cosa significava fidarsi di qualcuno.
Nonostante il suo carattere continuasse a restare freddo e indifferente verso chiunque non suscitasse il suo interesse, sentiva come se il mondo le fosse un po' più vicino. Come se quel suo muro che si era costruita durante gli anni del Rukongai si stesse a poco a poco sgretolando, lasciando entrare la luce.